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BOB MARLEY A KHARTUM

I Sudan Roots Band come i jamaicani, ma suonano “umreggaega”

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

Sono passati poco più di due anni dall’esordio della “Sudan Roots Band“, il gruppo musicale reggae di Khartoum, e i loro ritmi -strano a dirsi- animano le serate dei ristoranti alla moda, come il famoso Papa Costa sulla Gamhouria Street, un piacevole ritrovo anche per gli stranieri che soggiornano nella capitale.

Non suonano certo musica tradizionale, neanche quella araba come vorrebbero i più conservatori, ma la musica dei Sudan Roots riesce a coniugare le note jamaicane alla compostezza dei presenti in sala. Si ride e si batte il piede al ritmo reggae, ma l’immaginario collettivo che vorrebbe la sala colma di rasta molleggiati e nuvole di fumo si infrange, e si rimodella.

Il successo dei sette giovani sudanesi cavalca la passione per la musica che unisce i ragazzi di tutto il mondo, in particolare per un genere transnazionale portato dalla Jamaica di Bob Marley alle sale di tutto il mondo.

La musica jamaicana si insinua, tra locali e ristoranti, nel cuore della città, svincolandosi però da ogni ideologia e dalla visione del mondo che siamo abituati a riconoscervi. E’ per questo motivo che il raggae diventa fruibile anche nel mondo arabo, tradizionalmente chiuso a sperimentazioni in contrasto con il proprio costume: l’ “umreggaega“, il reggae nord africano e del mondo arabo, cerca di affermarsi come genere a sè.

Mohammed Ali, il cantantautore, vocalist e chitarrista della band, seguito a ritmo da Mohammed Bilal alla tastiera, Khater al basso, Mohammed Eltaweel, Amado Ambili e Moe Troy alle percussioni e Obada alla chitarra, canta così il sogno raggae dei giovani sudanesi.

AL MOULID AL NABI, LA GRANDE FESTA

Zucchero, danze e preghiera per la nascita di Maometto

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Mohammed Ali Sukki)

Al Moulid al Nabi è la commemorazione della nascita di Maometto, profeta dell’Islam.

Non tutti i Paesi musulmani festeggiano giorni interi come avviene a Khartum: interpretazioni restrittive della tradizione religiosa, dettate anche da particolari scelte politiche, vietano simili eventi.

Ma la forte presenza di Sufi, principale motore del festival, preserva ancor oggi le gioiose giornate della commemorazione, nonostante la morsa islamista, sempre più forte, del governo sudanese.

Sono giorni splendidi” – mi dice Mohammed -“dove si mangiano dolci, si prega e si parla di Islam e del Profeta“. Ma sono anche giornate dedicate agli amici e ai parenti, con i quali scambiare statuette di zucchero, dediche e auguri.

Quest’anno il Moulid al Nabi ha luogo nel corso di luglio, in parte nella piazza di Saggan a Khartoum, nei pressi della Moschea di Al Khalifa, e nel quartiere Nord della capitale. Nelle piazze, bandiere di diversi colori, indicanti i vari gruppi sufi, segnano le aree dalle quali dare il via ai canti e alle danze mistiche.

I DERVISCI ROTANTI

Tra folklore e religione, i Sufi danzano anche a Khartum

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Mosaab Mohammed Alrasta)

L’aria condizionata degli uffici è un muro di ghiaccio ad ogni loro ingresso, eppure piacevole.

Il caldo torrido ha però ceduto il passo a temperature meno impegnative, in questi giorni. Si respira. Ancora sabbia.

La sabbia è ovunque, a Khartum. Ti entra nelle narici, ti asciuga gli occhi, ti secca la pelle. Potresti anche dare un sapore alla sabbia, forse.

I quotidiani in inglese non raccontano un granché dei nuovi scontri sulla linea di confine in Sud Sudan, e nelle periferie del Paese. Solo online, ne fanno eco i principali collettori di notizie indipendenti e gli uffici stampa delle ONG, tante sigle, spesso niente di più, accanto a quelle più note.

Ogni anno, milioni di dollari e euro attraversano il Paese, mentre si consuma il dramma di milioni di persone fuori da questa città, vittime di uno scontro armato e a mezzo stampa tra il pugno di Khartum e gli schiaffi dei ribelli.

Forse, per la sua mistica dimensione, il ballo di conciliazione e preghiera dei Sufi, ogni Venerdì al tramonto, è un rifugio offerto ai pochi turisti (khawajas) e ai locali, i più, composti nelle jellabiya, a veder loro danzare al centro del cerchio umano che si forma nei pressi dello Hamid an-Nil Cemetery.

La base ritmica segna il tempo ai piedi dei Sufi, che li sbattono mentre si avvolgono su se stessi senza perdere l’equilibrio, come accadrebbe a me, certamente, fino a cadere in trance.

Il colore verde o bianco o rosso delle loro vesti, i tantissimi pendagli, corde, stracci e copricapi (immas) colorati, e gli stessi tamburi sui quali si incide la musica, riccamente colorati con splendide geometrie verdi, arancioni, bianche e rosse, e il tramonto sempre più vicino, rendono il tutto molto suggestivo. Il sufismo viene tollerato come folklore qui a Khartoum e nelle aree limitrofe, come a Um Dawan Ban.

Non una semplice attrazione, tuttavia, la danza dei Sufi nasce e resta una pratica religiosa, le cui origini si perdono nel tempo, ai primi giorni dell’Islam. Danzano e cantano i 99 nomi di Allah.

AHMED E LO STRANIERO

Turismo in aumento, nonostante instabilità e periferie in fiamme

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Amgad Gaffar )

Ahmed siede sul ciglio della strada. Ogni mattina è li, che stringe il “tasbeeh” tra le mani e fissa il vuoto, come fosse infinito ed eterno il tempo. Ma le giornate, puntualmente, giungono al termine e mi domando se la notte se lo porti via con sè, fino al domani, o se sia ancora lì, su quel ciglio di strada. Immobile.

Moltissimi e in aumento sono i poveri a Khartum, che affollano i sobborghi della capitale e gli angoli delle vie più frequentate dagli stranieri.

Ahmed si è alzato, guarda ancora davanti a sè ma senza incrociare il tuo sguardo, come taluni usano qui. Ha attraversato la strada, incolume, e si avvicina.

Il Sudan è un grande Paese, per estensione e convergenza di etnie e razze, una miscela, purtroppo, spesso esplosiva, che tiene lontano il turismo di massa. Dilaniato da guerre civili per decenni, dal 2006 si cerca, invano, di riportare definitivamente la pace in un territorio ricco di tradizioni e storie, quanto di armi e interessi economici. Solo in Darfur, oltre 2 milioni di sfollati ancora attendono di rientrare nei loro villaggi, quel che ne resta, ormai.

E così il turismo langue, ma l’Ozone café, al centro di Khartum, si popola ogni giorno di impiegati stranieri e turisti all’avventura. Per il 2012, gli introiti dal settore turistico in Sudan, concentrati intorno alla capitale e a Port Sudan, per le barriere coralline, sono stati stimati intorno ai 600 milioni di dollari, secondo quanto riportano le fonti del Ministero del Turismo sudanese, guidato dal Min. Mohamed Abdul-Karim Al-Had.

Photo. Photo“, ripete Ahmed, e gesticola come un invito a fare una foto con lui.

E “photo” sia. Un segno di amicizia, un gesto di cortesia, quale regalo inaspettato!

Ma poi è “Dollar dollar..” e la poesia finisce, un infarto direi, di quelli che non lasciano scampo, la poesia è morta.

Prende un paio di dollari e li stringe a sé, come fosse il tasbeeh.

E di nuovo è li, sul lato opposto della strada. Lo “straniero”, anche se spesso presente non per turismo ma per le guerre e le violenze nelle periferie del Paese, c è anche a Khartum.

Ahmed l’ha capito.

LA FESTA DEL SACRIFICIO

Tutti fuori dalle moschee, è l’Eid Al Adha

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Ola Alsheikh)

Tra i piattini di giallo PifPaf, distribuiti un pò ovunque per scongiurare l’affollamento di mosche dentro la stanza, Suleyman nasconde il telecomando del suo televisore satellitare, un regalo dei suoi colleghi.

Lo schermo prende vita, e se l’audio è per me incomprensibile, le immagini parlano da sole, con centinaia di persone in tutto il mondo che si affollano, ordinatamente, in piazze e strade del mondo musulmano.

Whallaiiii… – esordisce Suleyman richiamando la mia attenzione, – è il “Festival del Sacrificio”, l’Eid Al Adha!

Ecco un’altra ricorrenza religiosa, a cui sembrano tenere molto anche qui a Khartoum, nonostante siano ancora vivi i ricordi dei giorni di manifestazioni e tumulti nelle strade della capitale che hanno segnato il mese trascorso.

Centinaia,migliaia di persone, uomini e donne nei loro abiti migliori, si riuniscono, per tre giorni, in luoghi pubblici per pregare e ringraziare Dio per la grazia ad Abramo, pronto a sacrificare Ismahel, suo figlio,  per il volere superiore.

Sento già Suleyman fuori dalla porta. Questa volta sarò io ad accompagnarlo per la città.

Foto di Ola Alsheikh: http://500px.com/OlaAlsheikh

IL FUTURO ARRIVERÀ IN TRENO

Cinesi ed emiri pronti a investire sulle ferrovie

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(foto di Mohamed Mojahed)

C’era una volta un treno… potrebbe iniziare così la prossima fiaba raccontata ai figli più fortunati del Sudan, quelli della capitale Khartum, all’ombra del Corinthia Hotel.

I treni sudanesi erano, infatti, uno dei vanti di questo Paese degli anni ’30, ma da oltre 50 anni riposano, impolverati, senza alcuna manutenzione, con le lettere della “Royal Railways” ormai sbiadite. Ad esse si sono aggiunte, nel tempo, le macchine di produzione europea, indiana e statunitense, che da decenni giaciono su linee interrotte o come lumache tra scali strategici, come Port Sudan.

Il governo sudanese punta però a rilanciare le macchine su rotaia su una nuova superstrada ferrata, contando sugli investimenti cinesi, soprattutto, ma anche sui fondi stranieri, come il Kuwait Fund for Arab Economic Development (KFAED). Attualmente, solo 60 sono i treni in funzione in tutto il Sudan, altri arriveranno, probabilmente, dall’Ucraina, o dalla Sud Corea.

Nel frattempo, mentre gli ingegneri e gli economisti si ingegnano sulle carte, un solo uomo, il ferroviere pensionato Mustafa ha raccolto cimeli e carrozze, aprendo l’unico museo di Atbara, cittadina a nord di Khartum e storicamente il principale snodo ferroviario del Paese. La sua romantica impresa ha già fatto il giro sul web, e attende i primi visitatori reali.

CINEMA SOTTO LE STELLE

Cresce la città, e con essa cinema e teatri

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Hisham Karouri)

Il Coliseum, a Souk al Arabi, è un cinema all’aperto, il principale e meglio noto di tutta Khartum. Quattro milioni di abitanti ruotano e si animano intorno ad esso, intenti a recitare il proprio ruolo nella caotica vita della capitale.

Mercanti, militari, studenti, tutti li puoi vedere intorno a te: inutile tentare di seguire le immagini dei film bollywoodiani sul grande schermo del Coliseum, il tempo si passa a guardarsi intorno, a chiedere “keyf, tamaam?” (“come va?”) e a cercare la posizione migliore sulle scomode sedie a schiera del cinema.

Anche a Nord, in Halfanya, o ad Omdurman, a Watania, giovani cittadini siedono composti. I rigidi costumi islamici tengono lontane le ragazze dalle decine di cinema all’aperto, snobbati dai più benestanti, che fanno comunella nei club più rinomati che offrono film e spettacoli teatrali ai propri ospiti.

Sono lontani gli anni 60 e 70, quando il palcoscenico era battuto più volte al giorno.

Eppure il National Theatre ancora guarda oltre il fiume Nilo, e richiama da tutta la provincia giovani appassionati di recitazione, esibizioni artistiche e musica.

Altrove, ai bordi del Sudan, suonano le armi.

I VIGNETTISTI SUDANESI

“Kartoom”, capitale amara per i vignettisti.

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Vignetta di Nader Genie)

Sono le 15 ed è uno di quei momenti che invece di passare si fanno pesanti, come gli occhi e l’aria che respiri. Prendi per caso l’unico giornale che hai a portata di mano ed è una vignetta a destarti dal torpore: Nader Genie firma una delle poche tavole in bianco e nero che si trovano oggi in Sudan. Nader Ibrahim Abdel-Halim Mustafa , in arte Nader Genie, disegna sull’Al-Watan di Kartoum.

In Sudan resistono ancora pochi vignettisti, tra una pagina e l’altra , quasi per caso a spezzare la boriosa serietà degli articoli e a sintetizzare, in un colpo d’occhio, la notizia del momento.

Bisogna tornare indietro all’occupazione inglese di fine 800 per ritrovare le prime riproduzioni di tavole satiriche di quotidiani britannici ed egiziani e, quasi mezzo secolo dopo, Adam Eisa era il primo e unico disegnatore sudanese a pubblicare le sue tavole nella rivista “Al-Sebyan”.

Tutti ricordano però, ancora oggi, Ezzadin Osman, i cui scherzi e le cui scenette diventavano motivo di discussione e pubblica ilarità, contribuendo a creare l’opinione pubblica del tempo, dopo l’indipendenza del 1956.

La viva competizione democratica del 1986 dà massimo sviluppo al disegno in bianco e nero sui molteplici giornali che sorsero in quegli anni: Saed Baraka, Tariq Osman, Mohammed Abu Sabeeb, sono solo alcuni dei tanti nuovi artisti che registrarono i fervori a favore delle prime elezioni democratiche nel 1986.

Ma la satira delle vignette nulla può, a quanto sembra, contro l’ineluttabilità degli eventi, e così, appena tre anni più tardi, il Fronte Islamico Nazionale abbatté il governo democratico con un golpe militare e moltissimi giornalisti e disegnatori persero il lavoro, fino al “Nabbed Alkarikaeer” del 1994,il primo giornale satirico sudanese. Attualmente, molti dei disegnatori sono emigrati o lavorano sotto lo stretto controllo della censura, quando non allineati.

Chiudo gli occhi, allora, con quella tavola di Nader tra le mani, come se fosse il ricco bottino della giornata.

FIERA INTERNAZIONALE DEL TURISMO

Pochi turisti, i conigli ringraziano

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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(Foto di Mohamed Ismael Mohamed)

Si concluderà domani, 10 aprile, la seconda edizione della Fiera Internazionale del Turismo al Burri Fair Ground di Khartum.

La manifestazione, alla quale hanno partecipato diplomatici e uomini d’affari come il Ministro alla Cultura e al Turismo etiope e il presidente dell’”Arab Tourism Organization”, alla presenza del Presidente sudanese Omar Hassan al Bashir, è stata anche l’occasione per rilanciare l’immagine del Paese, proprio in questi giorni sotto la luce investigativa degli osservatori internazionali per i ripetuti attacchi delle milizie paramilitari alle popolazioni del Darfur e per le nuove restrizioni agli aiuti umanitari. L’insicurezza spaventa, infatti, il turismo di massa e allontana gli investimenti.

Nell’ultimo anno i turisti sono stati poco più di 20.000, concentrati a Port Sudan e nella regione del Nilo, nel quale si è registrato un incremento delle unità abitative a loro destinate. Il “River Nile” è infatti meta privilegiata dei piccoli gruppi guidati verso aree suggestive come Bejrawia Pyramids, Nagaa e Royal Town.

Una forte attrativa risulta essere la caccia al coniglio, sempre più diffusa tra i locali e tra i turisti. Non a caso i rapporti ufficiali sembrano voler sottolineare il successo di questa disciplina, al quale si lega una forte ripresa delle attività di ristorazione e dell’edilizia, con un incremento delle strutture ricettive.

Se il turismo non decolla, per ora, i conigli ringraziano.

PARETI DI SABBIA INTORNO A KHARTUM

Ad aprile inizia la stagione degli “haboobs”

di Mauro Annarumma per The Post Internazionale

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Ci si abitua presto a Khartum, al vento che arriva dal deserto, poco più in là dell’orizzonte. Spira tutto l’anno, ma è ad aprile che si fa più forte, e diventa più facile imbattersi in “Haboob”, la tempesta di sabbia, proprio sul finire tiepido dei pomeriggi di afa.

Si guarda allora verso sud, sud-est, in cerca del muro impietoso, che arriva correndo a circa 50 km orari e tinge tutto di rosso. Sfuggirgli è impossibile: il fronte, infatti, può arrivare ad estendersi per 100 chilometri in larghezza e fino a 1000 metri in altezza, tutto davanti ai tuoi occhi, che fremono, eccitati, dal desiderio di chiudersi all’ultimo istante.

Khartum conta oltre venti grandi tempeste di sabbia in un anno, per lo più concentrate tra aprile e maggio. generate dall’incrocio tra l’anticiclone subtropicale sahariano e le masse d’aria umida che gioungono dal Golfo di Guinea.